lunedì 22 marzo 2010

Il sogno dell'Indiano

Ho sognato che io insieme ad altre persone (nessuno dei quali ho riconosciuto) arrivavamo in riva a un piccolo lago dalle acque argentate. Tutt'intorno c'era la nebbia, ma la luce era comunque intensa e la superficie del lago aveva un forte riflesso. Io mi toglievo scarpe e calze, mi sedevo e immergevo i piedi nell'acqua.
Faceva freddo, e anche l'acqua era piuttosto fredda ma a me piaceva quella sensazione sui piedi.
Dalla nebbia arrivava un nativo americano al galoppo, molto bello, su un cavallo bianco a macchie nere.
Si fermava presso di noi e ci chiedeva se l'avevamo già visto passare di lì. Io gli rispondevo di no, che eravamo appena arrivati e stavamo cercando il Pozzo.
Lui allora mi guardava, e io riconoscevo il suo sguardo, era uno sguardo familiare.. I suoi occhi sorridevano. Poi si sporgeva dal cavallo, mi prendeva da sotto le ascelle e mi metteva a sedere sul cavallo, davanti a sé. E ripartivamo, senza una parola.
Il paesaggio cambiava: ora ci trovavamo in una prateria, immensa e con l'erba verdissima, lanciati al galoppo sotto al sole, e io sentivo l'aria tiepida contro il mio viso e fra i capelli, ed era una sensazione di libertà e di gioia bellissime.
In mezzo alla prateria c'erano i resti di una piccola chiesa antica, di pietra grigia, senza tetto.
Entravamo nel recinto di resti, e lì in mezzo c'era il Pozzo: anch'esso di pietra grigia, medievale, con un secchio appeso alla carrucola e del muschio verde scuro che cresceva negli spazi fra le pietre. Ci avvicinavamo e l'Indiano mi sollevava e mi metteva a sedere sul bordo del Pozzo, scendeva da cavallo, veniva fra le mie gambe ed iniziavamo a fare l'amore. Io provavo un grande piacere ma mi sentivo anche a disagio. Sentivo il contatto della pietra fredda sotto le mie cosce, e della pelle ruvida e calda di lui contro l'inguine.
Ad un tratto, l'Indiano mi spingeva, facendomi cadere nel Pozzo, ed io iniziavo una lunghissima caduta di spalle, mentre vedevo il volto dell'uomo e la luce farsi sempre più lontani.
Il sogno finisce con un tonfo: la porta della stanza del mio coinquilino che sbatte.

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