sabato 20 marzo 2010

Il sogno della casa e delle forchette

Ho sognato una casa, una villa a tre piani, grigia e col tetto di mattoni, una di quelle case che si vedono in campagna dalle parti dove sono cresciuta, circondate quando fa freddo da campi marroni dove qua e là spunta sparuto un albero senza foglie, tristissimo.
Era notte, o quasi l'alba, era scuro, ma si riusciva a vedere intorno.
Entravo nella casa e al piano terra, in un salone vuoto col camino acceso, incontravo mia madre, che mi dava una forchetta. Senza parole.
Salivo al primo piano, per una scalinata bianca e dritta, in muratura e senza corrimano.
Al primo piano incontravo mia nonna, la madre di mia madre, e anche lei mi dava una forchetta, senza aprire bocca.
Salivo allora al secondo piano dove incontravo mia zia che mi dava una scatoletta di plastica con dentro del filo interdentale.
In quella stanza c'era una finestra e io da quella mi buttavo con un salto, direttamente giù, sulla terra del giardino, senza farmi male. Lì sotto, decidevo di seppellire le forchette, non so perché, non so se le seppellivo come fossero semi o come cadaveri o come un tesoro.
Il filo interdentale invece, decidevo di non seppellirlo perché sapevo avrebbe inquinato, "perché non è biodegradabile" pensavo nel sogno.
Mi rialzavo dopo aver coperto la buca delle forchette, mi infilavo il filo interdentale in tasca e me ne andavo.

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