martedì 28 settembre 2010

Biblioteca

Appena riprese i sensi si accorse di non riconoscere il luogo in cui si trovava. Questa circostanza era giustificata, del resto, da un fatto non trascurabile: quel posto lui non lo aveva mai visto, così
come mai aveva veduto Città del Messico, Tokyo e le valli del Mississippi, se non su di una cartolina o sulle pagine patinate di qualche sgualcita Lonely Planet bibliotecaria, collocazione 915 e qualcosa, zona turismo della Civica Biblioteca della civile città di Verona. Ovvero nel luogo in cui stava bevendo un' amarissima brodaglia al gusto di caffè sputata fuori al modico prezzo di mezz'euro da una Necta Brio 3, ultimo stadio raggiunto dell'evoluzione della macchina distributrice di caffè, cappuccini, the e vari miscugli poco raccomandabili a chi è congestionato o soggetto a disturbi intestinali spiacevolissimi. Questo stava facendo, e nient'altro, quando un colpo netto, sulla base del cranio, d'acciaio o d'altro metallo argenteo, ferro o piombo, dando credito al ricordo d'una scia argentata passatagli davanti agli occhi, lo colse alla sprovvista, creandogli un subitaneo stato di quiete ebete e collassandogli di lì a poco le capacità sensoriali-ragionative, ossia procurandogli svenimento. Ora si ritrovava addosso i postumi di quell'aggressione: emicrania, vertigini, molto dolore ovunque, paura di non capiva ancora cosa: terroristi? ladri? teppisti? demoni? creditori?

Non era mai stato in quel posto: ma aveva tutto l'aspetto di un archivio: un enorme archivio pieno di carte e documenti, scartafacci e voluminosi quaderni, pile di fogli ingialliti e fascicoli impolverati. Una lampadina da 75 watt illuminava l'ambiente, segno inequivocabile che qualcuno sarebbe giunto a momenti a spiegargli la situazione, a tranquillizzarlo, a liberarlo... Era sveglio da almeno venti minuti, e solo in quel momento si rese conto di non essere legato, di non essere immobilizzato sulla sedia in legno e vimini intrecciati sulla quale aveva sonnecchiato per un tempo indefinito: lasciò il dolore ascendere sino alla punta estrema della calotta cranica e aiutandosi con la forza delle braccia si alzò. Si trascinò fino alla porta più vicina, stringendo forte la fronte tra il pollice a destra e le dita dall'indice al mignolo a sinistra. Si aggrappò al pomello: aprì, perchè era aperto. La luce, la luce vera del sole, lo investì di calore, stringendogli gli occhi e alzandogli i peli sulla pelle delle braccia. Si rese conto che era appena uscito dalla profonda gola delle Biblioteca.

Il sogno finiva sempre con la stessa scena: una bibliotecaria giovane e bruttina, per non dire orribile, con uno strato di olezzosissima Normaderm, pomata anti-acne, spalmata sul viso butterato, si rifiutava di concedergli il prestito del libro che avrebbe voluto leggere: “Non possiamo lasciarle prendere questo libro, signore, il direttore dice che lei lo brucerebbe” sputacchiava la brufolosa da dietro il suo banco “Si, ha ragione, signorina” rispondeva lui, e si svegliava.

(firmato: Mikrochip)