lunedì 5 aprile 2010

Il sogno della leggerezza e del bicchiere frantumato

Sono lí in mezzo ad una cittá che per molti versi sento mia, peró non so quale mi ricorda di piú tra le varie in cui ho vissuto. E' sera, sono allegro, un po' strafottente, come se la leggerezza della mia considerazione verso le cose esterne mi alleggerisse dentro. So che sono in giro assieme a degli amici ma in quel momento non sono lí con me e questo non mi preoccupa affatto. Vedo il cemento e le pietre dei marciapiedi che risaltano sull'asfalto scuro e bagnato, e mentre tutte le cose sono lí ben definite davanti ai miei occhi le persone invece sfuggono alla mia comprensione. Sono lí, ferme, non camminano, e parlano con me se io mi fermo a parlare con loro, ma non capisco assolutamente quello che dicono né riesco a distinguere bene i loro lineamenti. Sono sagome opache, a malapena capisco se siano maschi o femmine, se siano alti o grassi o con i capelli lunghi. Sono tutti dei piccoli turbini di movimenti a scatti da cui fuoriescono suoni di parole frazionate che messe insieme non hanno, almeno per me, un senso preciso. Comunicano un certo isterismo. Continuo a camminare ma non so bene in che direzione sto andando, e continuo ad avvertire una sensazione strana, una mescolanza di allegria e di menefreghismo dosata al punto giusto da diventare euforica. Vado avanti leggero, quai senza peso, aliti di vento fresco passano sotto la mia maglietta e sulla mia pelle. Gli angoli si susseguono e i marciapiedi e le vetrine e le luci delle auto e dei negozi, vedo tutto un po' giallastro, come se vedessi da una lente leggermente opaca coperta di miele. Al di lá di un angolo trovo la mia scuola, il liceo, anche se in realtá non é mai stato lí in quel posto. In realtá era quasi in campagna, circondato dagli alberi, su una collina. Ora invece é qui, nella cittá dove sono ora. Vi entro e ritrovo, lí di notte, tutti i miei compagni di scuola in festa, tutti con cappellini colorati a forma di cono, sorridenti e con un bicchiere in mano. Anche loro opachi, non ben definiti, ma scherzano e ridono con me, mi offrono da bere. Quando sto entrando in un'aula mi accorgo che é tutto allagato, l'acqua ci arriva fino alle ginocchia. E' buio, e l'acqua riflette la luce giallastra della luna e tutt'intorno si creano una serie di riflessi blu. I miei pantaloni e le mie scarpe sono fracidi, comincio a sentire l'umiditá che sale dal basso della mia schiena. Alcuni dei miei compagni sono in piedi sui banchi per non bagnarsi. Ad un certo punto prendo in mano un bicchiere di vetro e la mano di qualcuno accompagna una bottiglia di vino rosso che riempie il mio bicchiere. Contento, inzio a bere quel succo scuro ma c'é qualcosa che non va, e non é il sapore. E' che il vetro del bicchiere a contatto con la mia bocca si é subito frantumato in mille pezzettini che ora sono impigliati nelle mie labbra, sopra e sotto la lingua, dentro il frenulo, tanti aghi e coltelli conficcati sul mio palato, pezzi di latta affilata che striciano lungo le mie guance. Il dolore e il fastidio sono molto forti, troppo forti e.... mi sveglio, e mi porto quella sensazione di avere mille pezzettini di vetro taglienti nella mia bocca sanguinante fin quando non andró a dormire di nuovo poche ore dopo.

(firmato: La roulotte di vetro)

Nessun commento:

Posta un commento